Categorie
Guide e manuali Informazioni

Comportamenti virtuosi da tenere in spiaggia e al mare: i consigli dei ricercatori di Biologia Marina dell’Università di Padova

Noi e il mare. Dune costiere, patrimonio da non calpestare

di Paolo Comandini e Alberto Barausse

Tutti noi, in modi diversi, interagiamo con gli ambienti costieri: turisti, amanti del riposo in riva al mare, appassionati pescatori, diportisti, lavoratori del turismo balneare, ricercatori, politici e la lista potrebbe continuare. Tutti noi quindi abbiamo il potere e di conseguenza la responsabilità (Ben Parker, 1962) di dare il nostro contributo alla conservazione di questi ambienti così delicati e, come spiegheremo, così importanti per l’umanità. I semplici comportamenti di cui ci possiamo rendere protagonisti ogni giorno possono infatti fare la differenza: ad esempio raccogliere l’immondizia che produciamo quando andiamo in spiaggia, evitare di calpestare la vegetazione spontanea che cresce sulle dune, non raccogliere fauna e flora selvatica, sono solo alcune delle piccole azioni che possiamo fare per contribuire a proteggere gli ambienti costieri dalle tante minacce che incombono su di loro. Ma quali sono queste minacce?

Importanza e degrado degli ambienti costieri

Benché le zone costiere rappresentino meno del 15% della superficie terrestre, esse ospitano ben più della metà dell’intera popolazione mondiale (European Environment Agency, 1999) a cui forniscono inoltre un gran numero di quei benefici concreti che in ecologia si definiscono servizi ecosistemici. Gli ecosistemi costieri, nella loro grande variabilità, contribuiscono infatti in maniera diretta e indiretta alla vita, benessere e cultura delle persone che vivono nelle zone costiere, oltre a rappresentare un’importante fonte di reddito per gli operatori di importanti settori economici come turismo e pesca. Gli ambienti costieri e di transizione, che si collocano cioè nella zona di passaggio fra mare e terra, hanno un’importanza fondamentale proprio per tale loro collocazione fra due mondi diversi che li rende produttivi e estremamente ricchi di biodiversità. Le dune costiere, ad esempio, o le barene (paludi salate) delle lagune adriatiche, svolgono un importante ruolo nel proteggere i territori retrostanti da vento e mareggiate. Questi servizi ecosistemici, così importanti per le persone, dipendono intimamente dal funzionamento ecologico degli ambienti costieri. Nelle dune, le piante psammofile (cioè adatte alla sabbia), con i loro steli e radici, hanno un ruolo fondamentale nel catturare la sabbia e stabilizzare la duna, che può così persistere, crescere e svolgere le sue funzioni ecologiche, a vantaggio anche della spiaggia antistante che beneficia della sabbia presente. La vegetazione rappresenta la chiave del funzionamento ecologico anche delle barene: questi ambienti, proprio grazie all’attività delle loro alofite (piante che tollerano il sale), proteggono le coste dal moto ondoso e mitigano il cambiamento climatico fissando e stoccando grandi quantità di CO2. A causa della loro posizione intermedia fra mare e terraferma, gli ambienti costieri e di transizione sono particolarmente delicati e sottoposti a impatti complessi e diversificati. Da un lato il livello del mare che si alza progressivamente e dall’altro gli esseri umani che sempre più ‘invadono’ gli ambienti costruendo, inquinando, distruggendo con tecniche di pesca invasive e occupandone gli spazi con insediamenti, coltivazioni e strutture ricettive. 

Già da decenni la comunità scientifica ha denunciato la rapida e diffusa perdita di habitat costieri (Loss, status and trends for coastal marine habitats of Europe. Oceanography and Marine Biology: An Annual Review – Airoldi & Beck, 2007) e la necessità di misure che permettano di invertire questa tendenza: una preoccupante superficie di ambienti costieri viene persa o degradata ogni anno a causa delle interazioni spesso sinergiche fra le diverse minacce antropiche. Per questo, la sensibilità pubblica si sta mobilitando sempre più per promuovere azioni di conservazione. L’Unione Europea è da decenni particolarmente avanzata nelle politiche a tutela dell’ambiente, come dimostrato dalla Direttiva Uccelli (1979) per la protezione degli uccelli selvatici e dalla Direttiva Habitat (1992) per la salvaguardia della biodiversità. La Strategia dell’UE sulla Biodiversità per il 2030 mira a raggiungere l’obiettivo di “riportare la natura nella nostra vita” con l’impegno di proteggere a tutela della natura almeno il 30% della superficie terrestre e il 30% della superficie marina dell’Unione entro il 2030. Ma proteggere l’esistente non è sufficiente, bisogna anche ripristinare in modo sostanziale gli ambienti naturali degradati o perduti, che è l’ambizioso obiettivo del Regolamento sul ripristino della natura (Nature Restoration Law) che il Consiglio europeo ha da poco adottato formalmente.

Un cartone animato sulle dune sviluppato all’interno del progetto di Terza Missione “Comunicare la sostenibilità e la biodiversità: un approccio multidisciplinare”, coordinato dal dipartimento di Biologia dell’Università di Padova

Conservazione e ripristino degli ambienti costieri

Ormai da decenni ricerca e politiche evidenziano l’importanza di riportare gli ambienti particolarmente degradati ad uno stato il più naturale possibile (che a volte differisce dal loro stato originario, impossibile da ricreare) attuando, globalmente, una serie di interventi di ripristino ecologico degli ecosistemi e dei servizi che essi forniscono alle persone. Secondo tale visione, i ripristini ecologici non hanno importanza per la sola biodiversità, ma anche per la nostra società attraverso i benefici concreti per le persone che ne possono derivare, tanto che le aree naturali sono definite “infrastrutture verdi e blu”. Per la loro importanza e il livello di degrado, gli ambienti lungo la costa dell’Alto Adriatico sono stati bersaglio di molti interventi di conservazione finanziati dall’Unione Europea (ad esempio col programma LIFE), lo Stato Italiano e gli enti locali. In particolare la Laguna di Venezia è un laboratorio vivente con numerosi ripristini creati negli ultimi decenni per proteggere e ricostruire ambienti di transizione come barene, la cui superficie a causa dell’erosione si è ridotta di più del 70% nell’ultimo secolo, velme (piane a marea) e praterie di piante acquatiche. Lungo le coste Adriatiche sono stati invece svolti diversi interventi per proteggere e ripristinare le dune. 

La sfida per gli enti locali, di gestione e la comunità scientifica, è unire le forze per affrontare la complessità insita nel creare interventi di ripristino in contesti fortemente antropizzati, che siano in grado di beneficiare in modo multifunzionale sia la natura che la nostra società e che siano economicamente sostenibili nel lungo periodo, ad esempio dal punto di vista della manutenzione ordinaria richiesta. Tale complessità travalica le competenze gestionali classiche e le discipline scientifiche tradizionali e richiede un approccio transdisciplinare che, nella pratica, viene spesso implementato col fondamentale contributo degli enti di ricerca. Per raggiungere tali obiettivi di sostenibilità vengono sempre più di frequente adottate ‘soluzioni basate sulla natura’, cioè tutte quelle azioni multifunzionali attuabili per proteggere o migliorare la qualità degli ecosistemi che si allontanano dalla mera costruzione di infrastrutture ingegneristiche tradizionali (infrastrutture grigie), sfruttando invece le opportunità fornite dalla natura stessa e i suoi processi. Esempi familiari sono la depurazione dell’acqua tramite la fitodepurazione, un insieme di processi che le zone umide svolgono egregiamente, o l’ingegneria naturalistica che sfrutta l’azione stabilizzante delle radici delle piante per proteggere pendii e coste. Per complessità e scala, ovviamente, gli interventi di ripristino sono tipicamente implementati da enti pubblici o soggetti tecnici/esperti, mentre non sono alla portata di noi cittadini. Questo però non vuol dire che anche noi, nel nostro piccolo, non possiamo fare qualcosa per la protezione degli ambienti costieri. Anzi, senza l’adozione di comportamenti sostenibili da parte di ciascuno di noi l’efficacia degli interventi di ripristino può essere vanificata o ridotta.

Cosa può fare ciascuno di noi?

Poche accortezze quotidiane possono bastare per fare la nostra parte nel proteggere gli ambienti costieri. Un primo passo è portar via tutti i rifiuti, anche biodegradabili, che produciamo ogni volta che andiamo in spiaggia. I rifiuti, oltre all’impatto estetico, possono creare gravi danni agli organismi che li ingeriscano per sbaglio o cambiare le proprietà chimiche dei suoli, influenzando comunità animali e vegetali. Quando passeggiamo sulla spiaggia e fra le dune, poi, è importante rimanere sempre sui sentieri battuti per evitare di calpestare le piante che vi crescono, che sono sì estremamente resistenti al vento ma anche estremamente vulnerabili al calpestio. Queste delicate piante sono fondamentali per l’integrità strutturale delle dune e non vanno quindi danneggiate o nemmeno raccolte. Per lo stesso motivo, non bisogna stendersi o accamparsi fra le dune e anche i cani devono essere tenuti al guinzaglio, specialmente nei periodi di nidificazione dell’avifauna: sulle dune infatti vivono e nidificano molte specie di uccelli, spesso rare e protette. Bisogna anche evitare di accendere fuochi, per evitare il rischio d’incendiare la folta vegetazione che cresce sulle dune più vecchie e consolidate. Infine, il materiale vegetale spiaggiato, come pezzi di alghe, piante acquatiche, rami e tronchi, non è ‘sporco’ e non va rimosso in quanto contribuisce a ricostruire gli ambienti dunali e a proteggerli dal mare. La pulizia meccanica di tali materiali ci restituisce sicuramente spiagge più ordinate ma anche più vulnerabili alle mareggiate, oltre ad essere un pericolo per gli animali e piante che abitano o nidificano nella prima zona dunale. Insomma, non scordiamoci che le dune sono sia una fonte di meravigliosa biodiversità che una protezione dal mare per spiagge e territori costieri: rispettarle, preservarle e addirittura ripristinarle significa proteggere un patrimonio collettivo.

Articolo originale: https://ilbolive.unipd.it/it/news/scienza-ricerca/noi-mare-dune-costiere-patrimonio-non-calpestare

Categorie
Guide e manuali

Aiutiamo i piccoli uccelli nel periodo invernale ponendo delle mangiatoie

La Sezione Lipu Lega Italiana Protezione Uccelli Sezione di Venezia, rammenta l’importanza di  aiutare i piccoli uccelli nel periodo invernale. Una stagione dell’anno, quella invernale particolarmente difficile  per l’avifauna: le coltivazioni intensive, l’impoverimento degli habitat, la sottrazione di aree vegetali tampone tra i campi coltivati, l’asporto delle siepi, ed altro, hanno sostanzialmente sottratto l’habitat a molte specie di uccelli e li hanno spinti verso  ambienti urbani e periurbani trovandosi di conseguenza in aree banalizzate con deficit per l’approvvigionamento alimentare.

Possiamo sostenere l’avifauna costruendo una mangiatoia e mettendo a disposizione del cibo per uccelli ad hoc, ma anche sono sufficienti delle mele o pere infilzate in un rametto di un albero.  La mangiatoia verrà riposta nel nostro giardino, anche condominiale (avendo cura di avvertire gli altri condomini). Accorgimento importante, fornire con costanza il cibo e quanto sino a primavera, quando appariranno i primi insetti, e l’alimentazione verrà tolta gradualmente. Le tipologie di mangiatoia sono varie a seconda le specie di uccelli, nel sito di sezione www.lipuvenezia.it sono presenti delle istruzioni per un semplice fai da te. Sarà curioso osservare le tante specie di uccelli che inizieranno a frequentare la nostra mangiatoia, non mancheranno la Passera mattugia, la Cinciarella, la Cinciallegra, il Fringuello, il Pettirosso, la Capinera, il Codibugnolo, lo Storno, la Tortora dal collare, il Colombaccio, il Merlo, lo Scricciolo, e tanti altri, talvolta meno noti, più schivi e mimetici come qualche migratore in ritardo ad esempio il Forapaglie od il Beccafico. Una mangiatoia si può costruire in maniera alquanto spartana, anche utilizzando una tavoletta di legno inchiodata ad un palo almeno alto mt. 1,5, possibilmente lontano qualche metro dalle abitazioni. Il cibo da riporre corrisponde a granaglie di miglio, mais, semi di girasole, avena, ecc. reperibili con facilità nei negozi per animali. Alle granaglie vanno aggiunte palle di grasso animale acquistabili nei negozi dedicati, nonché pezzetti di carne, lardo, briciole di biscotti e panettone, non utilizzare pane o grissini. Nella mangiatoia potremmo riporre delle bucce di mela, pera, con i relativi semi, ottima la scelta di infilzare qualche mela in un albero, qualche specie di uccelli si nutre direttamente facendo inevitabilmente  cadere sotto dei rimasugli, altre specie di uccelli provvederanno a nutrirsi.  Una mangiatoia attiva tutto l’inverno, darà la certezza di passare la stagione fredda a decine di piccoli uccelli. 

Il delegato Lipu Sezione di Venezia
Gianpaolo Pamio

Categorie
Guide e manuali Informazioni Pubblica amministrazione

Lettera alle amministrazioni comunali: edilizia conservativa per la tutela delle rondini e delle specie affini

Venezia, lì 19 ottobre 2023

Alla Città Metropolitana di Venezia, con preghiera di invio agli Illustrissimi Sindaci della Provincia di Treviso e della Città Metropolitana di Venezia
PEC: protocollo.cittametropolitana.ve@pecveneto.it

Oggetto: Lettera alle amministrazioni comunali. Adozione di criteri e strumenti di edilizia conservativa per la tutela delle rondini e specie affini. 

Spett.le Ufficio in indirizzo, con preghiera di trasmissione ai sindaci della Provincia di Venezia,

i delegati delle sezioni Lipu in calce firmatari registrano ogni primavera, e comunque nell’arco del periodo di nidificazione (da fine febbraio ad agosto), diversi episodi che vedono interventi di restauro, ristrutturazione e/o demolizione di edifici, sulle cui facciate e sui cui tetti sono presenti nidi di rondine (Hirundo rustica), balestruccio (Delichon urbicum),  rondine comune (Apus apus), passera d’Italia (Passer italiae) e altre specie che in tali siti costruiscono i loro nidi.

Le specie anzidette si trovano in uno stato di conservazione precario, con trend di popolazione negativo. Tra le varie cause di questo declino vi sono tutti quegli interventi edilizi che non tengono conto della conservazione delle specie.

Solo a titolo di esempio, si riportano casi di demolizione e ricostruzione di edifici con distruzione completa dei nidi in pieno periodo riproduttivo (a tale riguardo, si riportano qui alcuni articoli pubblicati dalla stampa locale: //www.ilgazzettino.it/nordest/treviso/rondini_nido_distrutto_colonia_oipa_treviso-6732948.html?refresh_ce, https://www.trevisotoday.it/attualita/paese-demolizione-casa-rondoni-4-giugno-2022.htmlhttps://www.oggitreviso.it/casier-salvati-da-una-casa-demolizione-nidi-con-piccoli-di-balestruccio-au5197-310712); oppure ristrutturazione di vecchi edifici con costruzione di nuove pareti completamente lisce e prive di intonaco aggrappante, adatto all’innesto dei nidi; oppure ancora, restauro di vecchi edifici con chiusura delle originarie aperture sulle facciate e ancora, posa di tegole con aperture dallo spazio insufficiente per l’entrata/uscita e costruzione del nido per i passeri. 

Rondine, Hirundo rustica © Gianpaolo Pamio

E’ opportuno qui ricordare che i nidi degli uccelli sono tutelati da normativa vigente secondo quanto previsto dall’articolo 21, comma 1, lettera o), della Legge n. 157 del 11 febbraio 1992, nonché dall’articolo 635 del codice penale. E’ altresì indispensabile richiamare l’attenzione sulla Direttiva CE n. 43/1992, cosiddetta “Direttiva Habitat”, sulla Direttiva CE n. 147/2009, cosiddetta “Direttiva Uccelli”, e sulle Convenzioni internazionali (Convenzione di Bonn e Convenzione di Berna).

Al fine di evitare ulteriori insorgenze di potenziali conflitti tra le esigenze di conservazione della biodiversità – esigenze sempre più pressanti e inderogabili, data l’assodata, attuale e scientifica acquisizione dello stato di crisi della biodiversità su scala globale e locale – e gli interessi dei privati, si ritiene fondamentale che gli strumenti normativi e tecnici a disposizione della pubblica amministrazione (regolamenti edilizi, ordinanze, delibere, ecc.)  siano integrati con criteri e regole che prendano concretamente ed efficacemente in considerazione i tempi di nidificazione e le esigenze biologiche delle specie in questione. Le modalità ed i tempi di intervento, l’uso di intonaci rugosi, che creano idonee superfici aggrappanti, e di coppi con appropriate caratteristiche geometriche, l’applicazione di misure compensative quali i nidi artificiali sono solo alcuni metodi corretti che qui si suggeriscono.

Fondamentale, altresì, è l’integrazione di norme che prevedano la vigilanza e il rispetto degli stessi attraverso adeguato sistema sanzionatorio.

Si allega alla presente la “Delibera salvarondini e regolamenti comunali”, proposta da Lipu e già adottata da varie amministrazioni comunali in tutta Italia, come spunto per l’adozione degli strumenti suddetti.

Si evidenzia che il 27 ottobre p.v. si terrà a cura della Lipu – Agrofauna un seminario on – line ove si parlerà anche di questo.

Sicuri di un Vostro cortese riscontro, si resta a disposizione per ogni necessità.   

Distinti saluti.

Il delegato di Lipu Treviso
Dr. Enrico Pavan

Il delegato di Lipu Venezia OdV
Dr. Gianpaolo Pamio

Il delegato di Lipu Vittorio Veneto
Dr. Roberto Guglielmi

Categorie
Guide e manuali Informazioni

Le specie “problematiche” – Il Gabbiano Reale: La posizione della LIPU

Categorie
Guide e manuali Informazioni

Il vetro uccide gli uccelli. Ecco come salvarli

Tra i 100 e i 115 milioni di vittime in Germania, dai 365 fino a 988 milioni di individui negli Stati Uniti, tra i 15 e i 30 milioni in Italia.

E’ l’impressionante stima del numero di uccelli selvatici, tra cui in particolare rapaci, picchi e passeriformi, che muoiono ogni anno a causa degli impatti contro vetrate di edifici, pensiline o barriere antirumore, cui si aggiungono i numeri provenienti da quasi tutti i Paesi del mondo, visto il crescente utilizzo del vetro nell’edilizia, facendo di questa tendenza una delle minacce più gravi per gli uccelli selvatici.

Lo sottolinea la Lipu-BirdLife Italia, in occasione della diffusione della terza edizione del manuale “Costruire con vetro e luce rispettando gli uccelli”, realizzato dalla Stazione ornitologica svizzera di Sempach con il contributo di numerosi enti di ricerca e associazioni tra cui la Lipu. Il nuovo manuale, che spiega con testi e fotografie come le collisioni possono essere evitate con semplici misure, è scaricabile sul sito web della Lipu, www.lipu.it, oppure su quello della Stazione ornitologica svizzera cliccando QUI.

“La collisione con vetri è oggi uno dei più grandi problemi di conservazione degli uccelli – afferma Marco Dinetti, responsabile Ecologia urbana della Lipu – Essi non riconoscono come ostacoli né i vetri trasparenti e nemmeno quelli altamente riflettenti che rispecchiano gli alberi, i cespugli o il cielo, creando un’illusione di habitat continuo che induce gli uccelli ad attraversarli, con esiti quasi sempre fatali.

In Italia le stime della Lipu sono nell’ordine di 15-30 milioni di uccelli morti ogni anno: si tratta in realtà di una valutazione largamente al ribasso, perché “in realtà, l’impatto del vetro sugli uccelli è molto più pesante” spiega Dinetti. I vetri più problematici sono quelli altamente riflettenti, i vetri trasparenti dei balconi, i vetri d’angolo, le barriere antirumore in vetro o le verande. Per ridurre gli impatti si possono applicare sul vetro visibile delle marcature testate per la protezione degli uccelli, mentre le sagome familiari degli uccelli rapaci dovrebbero essere evitate: non dissuadono gli uccelli e sono poco efficaci. Solo una marcatura che copre l’intera superficie e che si distingue il più possibile dall’ambiente circostante fornisce la protezione necessaria. I test effettuati e illustrati nel volume hanno infatti dimostrato che le soluzioni a strisce e a punti sono particolarmente efficaci.

Il nuovo manuale mostra anche come fare a meno del vetro trasparente o altamente riflettente durante la costruzione, o come mettere in sicurezza le aree pericolose per gli uccelli in fase di progettazione. In questo modo si risparmia tempo, energia e costi per l’adeguamento a posteriori, evitando inoltre che molti uccelli muoiano a causa della presenza di superfici in vetro.

“Il fatto che il vetro possa rappresentare un grave problema per gli uccelli non è ancora noto a tutti allo stesso modo, nemmeno nel settore dell’architettura e dell’edilizia – prosegue Dinetti – Per questo motivo proporremo le soluzioni ben illustrate nell’opuscolo ad architetti, progettisti e costruttori, che scopriranno come ovviare al problema con misure semplici e praticabili e salvare la vita agli uccelli”.

Per scaricare il manuale:

Clicca QUI

Informazioni sui pericoli di collisione contro vetri:

Clicca QUI

SCHEDA

Collisione contro un vetro. Cosa fare in caso di ritrovamenti
Le collisioni con le vetrate non sempre sono mortali. Alcuni uccelli sono “solo” feriti o storditi e questo li rende facili prede per predatori come i gatti. Se trovate un uccello stordito o incapace di involarsi vicino a una vetrata è preferibile metterlo in una scatola con fori di ventilazione e lasciarlo per 2-3 ore in un luogo caldo, buio e tranquillo. La scatola può essere imbottita con carta per uso domestico e l’uccello non deve essere nutrito o abbeverato. Dopo 2-3 ore, si potrà aprire la scatola all’esterno. Se l’uccello non vola via da solo, bisogna portarlo in un centro di cura.
E’ fortemente consigliato comunque contattare un centro di recupero per avere istruzioni su come comportarsi in caso di ritrovamenti (elenco centri di recupero in Italia: https://animaliferiti.lipu.it/i-centri-recupero-in-italia/)

I NUMERI: GLI UCCELLI VITTIME DELL’IMPATTO CONTRO VETRI

(in milioni)
• 100-115 (Germania)
• 365-988 (Stati Uniti)
• 15-30 (Italia)

Categorie
Guide e manuali Informazioni

Aiutate i piccoli uccelli con le piante da bacca

La stagione invernale è ormai nel suo pieno, e da campo libero a chi vorrebbe ripristinare con nuovi elementi arborei il proprio giardino od arricchire un area a verde anche in campo aperto. Non serve creare un Birdgarden da manuale, basta anche meno e non comporta un gran lavoro, ma una scelta adeguata delle specie vegetali da inserire. Tra la scelta delle piante da inserire si suggerisce di valutare anche   degli elementi da bacca. Saranno di notevole aiuto ai piccoli uccelli che frequentano le nostre citta’ ed aree periurbane. L’agricoltura intensiva e lo sfruttamento di ogni area coltivabile, ha sottratto, quasi completamente, almeno nella Val Padana, gli areali con un  sufficiente mantenimento della biodiversità necessaria per la sopravvivenza sia per gli uccelli  svernanti, che in fase migratoria, e sospinge di conseguenza molte specie in cerca di cibo nelle aree antropizzate. Arricchire il   nostro giardino di preziose piante da bacca,  potrebbe rappresentare per molti uccelli l’unica fonte di sostentamento nella stagione invernale. Questa tipologia di arbusti e piccoli alberi sono anche di notevole valore ornamentale, pensiamo al Biancospino, in primavera ci regalerà dei bellissimi fiori bianchi ed un nugolo di api alla ricerca di polline per produrre miele, se presenti, gli apicoltori vicini vi ringrazieranno, visto le api percorrono anche 3 chilometri per trovare fiori adatti. Oltreche’ avremmo, con le bacche, nel periodo autunnale – invernale dei bellissimi elementi colorati. Si suggerisce di piantare Biancospino, Rosa canina, Prugnolo, Sorbo, Rovo, Sambuco, Nespolo, Edera Helix, Ligustro, Alloro.

Altra precauzione da mantenere, sotto gli arbusti od alberi, di non cercare l’ordine e la pulizia di ogni foglia che cade o bacca, purtroppo i nostri giardini sono spesso maniacalmente “troppo puliti”, lasciare sotto le siepi elementi che spontaneamente decadono.  Oltre che dare un senso di naturalità,  elementi lignei, bacche, fogliame secco forniscono un tappeto utile nel proteggere il colletto delle piante dalla canicola estiva, dalla pioggia eccessiva, trattiene l’umidità e protegge dal gelo. Quel sottile tappeto di foglie rappresenta anche un rifugio di piccoli insetti ed invertebrati che a loro volta saranno cibo per gli uccelli, noterete spazzolare e gettare all’aria terra e foglie da parte di Merli, Tordi, Pettirossi, Scriccioli, Fringuelli.

Categorie
Guide e manuali Informazioni

Biacco, il serpente da non temere

Il Biacco (Coluber viridiflavus), è un grande serpente slanciato la colorazione dell’adulto, nelle nostre campagne, è generalmente completamente nera (melanica), da cui il nome dialettale di Carbonasso.  E’ un serpente non velenoso (è completamente sprovvisto di veleno e di denti atti ad iniettarlo) può raggiungere la lunghezza di 150 cm. è amante della luce ed è attivo soprattutto nelle ore diurne. Si difende principalmente con una velocissima fuga. Nel periodo tra aprile e giugno avviene l’accoppiamento e a luglio depone le uova (5-15 deposte sotto le pietre, nelle cavità di tronchi o in buche scavate nel terreno). A fine agosto e durante settembre le uova schiudono e nascono dei piccoli biacchi lunghi 20-25 cm.

Il Biacco (Coluber viridiflavus), è un rettile molto agile e veloce (fino a 11 km all’ora), caccia a vista inseguendo la preda si cibano di lucertole, di piccoli mammiferi, di rane uccelli o di altri serpenti. è il serpente più comune delle nostre regioni e riveste un ruolo nel controllo biologico di insetti, vermi e roditori.

le foto che seguono ritraggono due meravigliosi esemplari di Biacco (Coluber viridiflavus) intenti in un complesso rituale di corteggiamento, una sorta di danza che precede l’accoppiamento.

Specie rigorosamente protetta (Convenzione di Berna all. II)

Foto e testo di Bruno Zavattin

Categorie
Guide e manuali Informazioni

Animali, la LIPU lancia una webapp per soccorrere la fauna in difficoltà

Aiuterà a capire cosa fare nel caso di ritrovamento di uccelli o altri animali selvatici feriti.

Ogni anno sono decine di migliaia gli animali soccorsi e ricoverati presso i centri recupero fauna selvatica di tutta Italia. “Cinque richieste della Lipu per migliorare il sistema recupero in tutta Italia”. “Il soccorso della fauna selvatica è una prova della grande sensibilità degli italiani ma al tempo stesso una materia complicata e impegnativa, tra informazioni carenti, amministrazioni non sempre presenti e una normativa che va migliorata. Per questo l’impegno della Lipu crescerà, anche con il nuovo portale informativo per tutti i cittadini”. Lo dichiara la Lipu nel presentare animaliferiti.lipu.it, la webApp realizzata con il contributo della Nando and Elsa Peretti Foundation (https://perettifoundations.org), a disposizione delle persone che trovano un animale selvatico in difficoltà e desiderano prestare soccorso.

Ogni anno sono in effetti decine di migliaia gli uccelli e gli altri animali selvatici, tra cui specie migratrici, a rischio o di particolare interesse conservazionistico, ricoverati nei centri recupero della Lipu e di altre organizzazioni, al fine di curarli e restituirli alla libertà. Molto spesso la filiera del recupero parte da comuni cittadini che, specie in primavera ed estate, si imbattono in rondoni caduti dal nido, falchi feriti, volpi con traumi e molti altri casi analoghi. In queste circostanze, sovente le persone non sanno come comportarsi, tentando a volte invano di rivolgersi direttamente alle amministrazioni pubbliche, che pure dovrebbero disporre di servizi ad hoc, o intervenendo laddove la natura sta semplicemente facendo il proprio corso e ogni ingerenza umana può essere dannosa per l’animale. Ne sono esempio i cuccioli di capriolo o lepre, che devono essere lasciati dove si trovano e non essere in alcun modo toccati, o la maggior parte dei pulcini di uccelli selvatici, che abbandonano naturalmente il nido quando sono ancora incapaci di volare e alimentarsi autonomamente. Contrariamente alle apparenze, questi uccelli continuano a essere seguiti, accuditi e alimentati dai genitori, finché non sono in grado di volare ed essere autonomi.

Per far sì che si evitino errori e in generale si disponga delle informazioni necessarie, è nata la webApp della Lipu animaliferiti.lipu.it, pensata secondo un processo algoritmico che risponderà alle domande più frequenti che i cittadini si pongono: il tipo di animale, le cause della difficoltà in cui versa, il dubbio se raccoglierlo o meno, il pronto soccorso e l’alimentazione di emergenza, le cose assolutamente da non fare e, soprattutto, il centro specializzato più vicino al quale consegnarlo. In questo senso, il sito elenca, divisi per regione, tutti i centri recupero fauna selvatica operanti in Italia, specificando il tipo di attività svolta, gli orari e i contatti, in modo da mettere in condizione i cittadini di svolgere al meglio l’opera meritoria del soccorso e far sì che gli animali siano consegnati ai centri il prima possibile.

“La materia del recupero della fauna in difficoltà è tra le più complicate e impegnative – dichiara Laura Silva, responsabile del Recupero della Fauna della Lipu – pur a fronte della grande sensibilità delle persone che sempre più desiderano aiutare gli animali. Solo nel 2021 la Lipu si è presa cura di 32mila animali selvatici, rispondendo a qualcosa come 107mila richieste telefoniche. I nostri 10 centri recupero sono costantemente impegnati, così come molti dei nostri 100 gruppi e delegazioni locali. “La webApp della Lipu – continua Laura Silva – cui ha contribuito la Nando and Elsa Peretti Foundation, rappresenta uno strumento di grande utilità e persino conforto per le persone, che talvolta si sentono abbandonate a sé stesse. Lo aggiorneremo e arricchiremo costantemente, anche con specifici tutorial, e intensificheremo i corsi di formazione per operatori e volontari. E’ tuttavia necessario che il sistema recupero cresca e migliori in generale, sia sotto il profilo di una normativa uniforme e più efficace, sia sotto quello del sostegno alle associazioni.

“Un passo importante è stata la creazione del Fondo nazionale per il recupero della fauna, previsto dalla legge di Bilancio 2021 e confermato anche quest’anno, che va esteso alle organizzazioni di volontariato che tutelano la fauna e integrato con fondi regionali. Serve tuttavia – conclude Silva – anche un maggiore riconoscimento da parte delle regioni dell’enorme lavoro svolto dai centri, così come un maggior raccordo dei recepimenti normativi regionali, linee guida omogenee nazionali, magari un patentino per gli operatori dei Centri recupero, che potrebbe essere rilasciato da Ispra, e un’attenzione agli aspetti scientifici, di raccolta ed elaborazione dei dati, che possono essere davvero importanti ai fini della conoscenza, della lotta alle illegalità e della conservazione della natura”.

Le 5 richieste della Lipu per migliorare il recupero della fauna selvatica
1. Una cabina di coordinamento tra le regioni italiane sul recupero della fauna selvatica.
2. Un regolamento con linee guida omogenee nazionali emanato dal Ministero della Transizione ecologica.
3. La creazione della figura dell’Operatore del recupero, con patentino rilasciato da Ispra, che supporti veterinari e tecnici esperti.
4. La stabilizzazione del Fondo nazionale per il recupero della fauna, esteso alle organizzazioni di volontariato e ai centri recupero che tutelano la fauna selvatica, ad integrazione dei fondi regionali.
5. L’attenzione agli aspetti scientifici, con l’utilizzo di un database unico per tutti i centri recupero e l’opportuna raccolta ed elaborazione dei dati.

Il recupero della fauna selvatica in 10 cifre

32.719 gli uccelli e altri animali selvatici curati nei centri recupero della Lipu e soccorsi dalle sue oasi, gruppi e delegazioni locali nel 2021.

107.018 le risposte date dalla Lipu alle richieste dei cittadini sul tema della cura e della protezione degli uccelli animali selvatici feriti o in difficoltà nel corso del 2021

10 i centri recupero fauna selvatica gestiti dalla Lipu

706 i volontari attivi all’interno dei Centri recupero della Lipu nel 2021

95.918 le ore dedicate da operatori e volontari della Lipu alla cura della fauna selvatica nel 2021

180 le richieste scritte inviate alle amministrazioni pubbliche competenti in materia nel corso del 2021

36% il tasso di risposta delle amministrazioni pubbliche

1971 l’anno di inaugurazione del primo centro recupero della Lipu (Roma)

1992 l’anno di entrata in vigore della legge nazionale (la n. 157 dell’11 febbraio 1992) che regolamenta la materia

90 i centri recupero presenti nella webApp della Lipu con contatti utili per i cittadini

L’indirizzo della nuova webApp della Lipu per la fauna selvatica in difficoltà animaliferiti.lipu.it.

Categorie
Guide e manuali

Costruire una mangiatoia

Vuoi costruire una mangiatoia per uccelli selvatici da posizionare nel tuo giardino? Ecco una pratica guida su come fare!