Oggetto: Lipu Sezione di Venezia, segnalazione episodio di bracconaggio in località Campolongo Maggiore VE.
Spett.le Sezione di Polizia,
con la seguente missiva si informa per quanto di seguito.
In data giovedì 17 u.s. la Sezione Lipu di Padova veniva allertata per la presenza in località Campolongo Maggiore, con geolocalizzazione https://maps.app.goo.gl/Zj4dDji9o79Njjqr8 di un esemplare di Sparviere Accipiter nisus a terra, in difficoltà. Personale della Lipu si portava sul posto per accertare lo stato dell’uccello ed appurava che era morto da poco. Al fine di risalire a delle eventuali cause si provvedeva a far eseguire una radiografia presso un ambulatorio veterinario e qui si appurava la presenza di un pallino di piombo nel corpo dell’animale, precisamente nello sterno. Da un attenta esamina il pallino risulta di un diametro superiore a quelli usati per cacciare colombacci, merli o corvidi.
Dal momento le Valli da Pesca e da Caccia risultano a pochi chilometri, si potrebbe ipotizzare che lo Sparviere è stato colpito con un munizionamento usato in genere per gli anatidi dall’interno delle Valli o appena all’esterno, in quanto è stato segnalato che taluni si posizionano nei pressi delle suddette Valli in attesa che qualche esemplare di anatide sconfini. In loco, non risultano capanni da caccia od appostamenti essendo il territorio alquanto piatto e privo di vegetazione. Una volta colpito lo Sparviere dal momento le ali sono state risparmiate ha volato per qualche chilometro, finchè per probabile emorragia interna sopravvenuta si è accasciato a terra trovando poi la morte. Dalle dimensioni si desume sia un giovane nato nel 2024, privo di anello, è verosimile fosse alla sua prima migrazione dopo essere nato nella Penisola Scandinava o Russia. Il Veneto Orientale rimane in piena rotta migratoria dal Nord Europa al Bacino del Mediterraneo e Paesi Subsahariani.
Un grazie anticipato per l’interessamento.
Il delegato della Sez. Lipu di Venezia Dr. Gianpaolo Pamio
Ai sigg.ri consiglieri regionali Regione del Veneto Palazzo Ferro Fini San Marco, 2322 Cap 30123
Sigg.ri consiglieri,
Oggetto: inquinamento atmosferico nella Regione Veneto, criticità, possibili misure di contrasto e contenimento.
La scrivente Associazione, interpellata da alcuni iscritti circa la posizione della medesima nei confronti del fenomeno dell’inquinamento atmosferico e delle possibili soluzioni, riporta quanto di seguito.
La situazione dell’inquinamento atmosferico nella Regione Veneto, si sta progressivamente aggravando, pur essendo costantemente monitorata non si intravedono soluzioni a breve, di contro un peggioramento. Acclarata ed ampia la bibliografia in merito ne dettaglia le conseguenze per la salute umana: il Giornale Italiano dell’Arteriosclerosi, nr. 14 a riguardo “Inquinamento atmosferico, aterosclerosi e rischio cardiovascolare” a cura di “Clinica Medica “A. Murri”, Dipartimento di Medicina di Precisione e Rigenerativae Area Jonica – (DiMePRe-J) – Università degli Studi di Bari Aldo Moro; International Society of Doctors for Environment (ISDE), Arezzo”
(…) Nello studio AIRCHD (Air Pollution ad Cardiovascular Dysfunctions in Healthy Adults Living in Beijng) è stato valutato il rapporto fra l’esposizione ad alti livelli di PM2.5 e marker di instabilità della placca. In particolare, è stato osservato che l’esposizione cronica ad alti livelli di PM2.5 determina un incremento della metallo-proteinasi dal 8,6% al 141,4%. In considerazione del ruolo dei lipidi nell’induzione del processo aterosclerotico, diversi studi hanno valutato la relazione tra profilo lipidico e inquinamento atmosferico. Tale relazione e ben documentata sia da studi epidemiologici sull’uomo che in modelli animali (…)
RIASSUNTO
“(…) Circa 3 milioni di morti/anno per cardiopatia ischemica e ictus sono attribuibili all’inquinamento atmosferico. Per questo le Società Europee ed Americane di Cardiologia hanno attribuito all’inquinamento atmosferico il ruolo di fattore di rischio cardiovascolare maggiore, sottolineandone il ruolo patogenetico nell’induzione della malattia aterosclerotica. Circa l’80% della popolazione residente in aree urbane è esposto a concentrazioni atmosferiche di inquinanti che superano le soglie suggerite dall’Organizzazione Mondiale della Sanita. Numerosi studi epidemiologici e sperimentali hanno evidenziato come l’inquinamento atmosferico abbia conseguenze cardiovascolari per esposizioni a breve e lungo termine e, nel lungo termine, promuove la formazione e progressione della placca ateromasica, svolgendo un ruolo chiave nella patogenesi degli eventi cardiovascolari maggiori. Dal punto di vista patogenetico gli inquinanti atmosferici sono in grado di alterare l’omeostasi lipidica e di indurre stress ossidativo, infiammazione cronica sistemica, disfunzione endoteliale ed effetto protrombotico. Tali effetti patogenetici iniziano molto precocemente (età adolescenziale-giovanile) e continuano durante l’intero arco di vita, interagendo con altri fattori di rischio e amplificandone il peso. Nonostante gli enormi progressi diagnostici e terapeutici in ambito cardiovascolare e metabolico e gli sforzi per ridurre l’inquinamento atmosferico nelle aree urbane, il peso epidemiologico (morbilità e mortalita) delle malattie cardiovascolari rimane inaccettabilmente alto. Le evidenze disponibili impongono di puntare con decisione verso misure di prevenzione primaria (ad es. ridurre i processi di combustione, l’utilizzo di fossili e di altre sorgenti inquinanti come allevamenti e colture intensive, preservare e incrementare le aree verdi) per cercare di invertire il crescente trend epidemiologico di malattie legate all’aterogenesi, ridurre le disabilità e la crescente spesa sanitaria che ne derivano (…)”.
Le soluzioni di omettere spazi verdi anche a filare, oltre a portare dei danneggiamenti in termini economici, quali il disvalore delle aree interessate, ad un maggiore consumo di energia elettrica per il funzionamento dei condizionatori d’aria, sono in contrasto con le indicazioni fornite dal WHO Word Health Organization, (Agenzia Speciale dell’ONU). Viene riportato nel documento interamente reperibile nel sito del WHO (…) lo stile di vita urbano moderno è associato a stress cronico, attività fisica insufficiente, ed esposizione a rischi ambientali antropici. Gli spazi verdi urbani come parchi, parchi giochi, e vegetazione residenziale, possono promuovere la salute mentale fisica e ridurre la malattia e la mortalità dei residenti urbani offrendo rilassamento psicologico e alleviamento dello stress, stimolando la coesione sociale, sostenendo l’attività fisica e riducendo l’esposizione agli inquinanti, rumore e calore eccessivo. Le nuove scoperte mostrano che gli interventi per aumentare o migliorare lo spazio verde urbano possono fornire risultati positivi in termini di salute, sociali e ambientali per tutti i gruppi di popolazione, in particolare tra i gruppi di status socio economico inferiore (..).
Innumerevoli poi sono i benefici delle alberature in Città solo per citarne alcune dal Documento Verde Urbano redatto dalla LIPU sede Nazionale nel 2016
A Roma Attorre et al. (2005) stimano che i 704.720 alberi portano un vantaggio economico alla città, legato alla rimozione dell’inquinamento dall’aria, di € 1.674.942 l’anno (€ 2376/albero) e che gli alberi immagazzinano nella propria biomassa circa 320 mila tonnellate di carbonio, sequestrando circa 2000 tonnellate di carbonio l’anno.
Una valutazione preliminare dei servizi ecosistemici compromessi in conseguenza di una potatura drastica in aree verdi del lungomare è stata effettuata a Livorno, dove è stata calcolata una presenza di alberi compresa tra 2285 e 8185 esemplari. È stato ipotizzato che la potatura abbia asportato circa metà del volume di vegetazione che era presente, portando ad una perdita di servizi ecosistemici compresa in una forbice tra circa 160.000 a oltre 590.000 euro/anno. A questo sarebbero da aggiungere e quantificare le conseguenze negative al paesaggio, al valore immobiliare, la perdita di biodiversità e il danno in termini educativi, considerando che l’operato di un ente pubblico funge da esempio da seguire per la cittadinanza (Ascani et al., 2016).
Il valore di un albero può essere quantificato anche dal punto di vista economico (monetario), considerando il valore estetico e paesaggistico, quello emotivo e per il benessere dei cittadini, quello storico, sociale, ecologico, ed infine educativo. A Bologna è stato fatto un calcolo da Tugnoli (2010, 2012) riguardante alcuni degli esemplari più prestigiosi (Ippocastano, Cedro dell’Atlante, Bagolaro, Frassino, Platano, Leccio, ecc.) e le cifre sono comprese da un minimo di 3635 ad un massimo di 27.732 euro. Applicando il metodo C.A.V.A.T. (Capital Asset Value for Amenity Trees) ad alberi monumentali si raggiungono valori economici ornamentali fino a 806.539 euro.(..)
Dall’esamina del decorso degli ultimi anni, nonostante siano approfonditi studi ed acclarata bibliografia da parte dell’ISPRA Istituto Superiore di Ricerca Ambientale del Ministero dell’Ambiente, non si sono attivate concrete misure esaustive per la riduzione degli inquinanti atmosferici. A fronte di una possibile e probabile aggravamento della situazione, implementata dai Cambiamenti Climatici in atto, si propone di utilizzare gli unici elementi a disposizione per contenere il fenomeno dell’inquinamento atmosferico, quali la Vegetazione.
Mantenere filari di siepi in ambito agricolo e periurbano, la costituzione di fasce e cinture boscate in tutto il territorio, incrementare le alberature urbane in ogni sede possibile, terrapieni e fasce tampone ai bordi di strade, autostrade, aeroporti, zone industriali ed artigianali, ove possibile, edere e rampicanti su muri di viadotti, paracarri, ponti. Siepi in ambito privato e pubblico il cui incentivo all’impianto sarà previo contributo a carattere premiale con pubblici riconoscimenti o con promozioni anche di carattere fiscale.
Tra i migliori arbusti per siepi anti-inquinamento si possono utilizzare il ligustro (Ligustrum vulgare, Ligustrum lucidum, Ligustrum ovalifolium), l’agrifoglio (Ilex aquifolium), la sanguinella (Cornus sanguinea), il Berberis (Berberis spp.), l’Ibisco (Hibiscus siriacus), Bosso (Buxus sempervirens), Eleagno (Eleagnus spp.), Lauroceraso (Prunus laurocerasus), Lagerstroemia (Lagerstroemia indica), Alloro (Laurus nobilis), Laurotino (Viburnum tinus), Corbezzolo (Arbutus unedo), Cotoneaster (Cotonaster spp.), Agazzino (Pyracantha spp.), Fusaggine (Evonimus europaeus), Spirea (Spirea spp.), Fiore d’Angelo (Philadelphius spp.), il Synphoricarpus spp, l’olivello spinoso (Hippophae rhamnoides), l’olivello di Boemia (Eleagnus angustifolia).
In particolare le edere tra cui la Edera helix, evidenziano proprietà di assorbire gli inquinanti di varia natura, detta specie, di natura endemica, è di comprovata resistenza alle condizioni climatiche ed ambientali avverse, può benissimo essere impiegata a ricoprire, viadotti, piloni, murature, guard rail, ecc., senza comprometterne ed alternarne le caratteristiche strutturali proprie del manufatto.
Cordialmente
La coordinatrice LIPU ODV del Veneto Avv. Chiara TOSI
Il delegato LIPU ODV Sez. Venezia Dr. Gianpaolo PAMIO
Spett.le Polizia Metropolitana di Venezia Dirigente Nicola Torricella Nicola.torricella@cittametropolitana.it
Oggetto: LIPU Lega Italiana Protezione Uccelli Sezione di Venezia, segnalazione compromissione sito di ricovero e svernamento di Chirotteri in località Venezia – Dese, richiesta accertamenti.
Spett.li Uffici,
e’ giunta segnalazione alla Sezione Lipu di Venezia dell’abbattimento in corso di una vecchia siepe – boschetto con alberature di 15 – 18 metri situata nell’ambito stradale di Venezia – Marcon precisamente all’uscita tangenziale in direzione Marcon (VE). Detto sito risulta quasi completamente isolato in quanto oltre alle strade è perimetrato da un canale CUAI Consorzio Unico Acquedotti Industriali. Veniva descritto, nonostante l’isolamento detto, sito di circa ha 0,5, ha sviluppato delle caratteristiche proprie di conservazione di diverse specie probabilmente anche rettili ed anfibi in Allegato Direttiva Habitat in quanto presenti nelle aree attigue quali il Bosco di Mestre, l’Oasi Cave Gaggio Nord, il sito SIC ZPS Cave Gaggio – Praello Sud, Bosco di Meolo, Bosco delle Crete di Quarto d’Altino. Dal momento il fondo rimane chiuso e recintato rimane impossibile effettuare un accertamento o censimento delle specie presenti. Veniva segnalato dal richiedente come desunto da osservazioni esterne, che il sito rappresenti un rifugio per diversi esemplari di Chirotteri, con alberi vecchi portatori di seccume ed incavi, alberi con marciume, esteso strato di copertura di Edera helix, ed altri elementi riconducibili ad un sito per il ricovero e svernamento per dette specie.
In considerazione di quanto esposto si richiede alle ss.vv. l’effettuazione di un sopralluogo al fine di valutare l’effettiva consistenza della segnalazione circa la presenza in loco, di Pipistrelli, ad ora in letargo entro le cavità. Nonché appurare le condizioni e le autorizzazioni per cui il sito viene smantellato nonostante la sua importanza come elemento di discontinuità, per tutela della biodiversità in un area fortemente antropizzata ed urbanizzata.
All’uopo si rammenta che i Chirotteri sono tutelati da Leggi nazionali e da Direttive e Convenzioni Internazionali:
La Legge 11 febbraio 1992, n°157 “Norme per la protezione della fauna selvatica omeoterma e per il prelievo venatorio“, la legge quadro in materia di fauna selvatica e attività venatoria, che identifica i Chirotteri come appartenenti alla fauna “particolarmente protetta”.
La Convenzione di Berna, “Convenzione per la conservazione della vita selvatica e dei suoi biotopi in Europa”, elaborata nel 1979 e resa esecutiva in Italia dalla Legge 5 agosto 1981, n°503. Per questa convenzione le specie “minacciate d’estinzione e vulnerabili” meritano particolari attenzioni di conservazione (art. 1, comma 2) e vengono individuate nell’Allegato II (“Specie di fauna rigorosamente protette”). In tale Allegato sono elencati tutti i Chirotteri europei ad eccezione di Pipistrellus pipistrellus.
La Convenzione di Bonn sulle specie migratrici appartenenti alla fauna selvatica, resa esecutiva in Italia dalla Legge 25 gennaio 1983, n. 42, che promuove la periodica valutazione dello stato di conservazione delle specie, le attività di monitoraggio e di approfondimento delle conoscenze sulle popolazioni.
Il Bat Agreement, “Accordo sulla conservazione delle popolazioni di pipistrelli europei – EUROBATS“, reso esecutivo in Italia con la Legge 27 maggio 2005, n. 104. È un testo normativo nato per concretizzare gli obiettivi della Convenzione di Bonn relativamente alle specie di Chirotteri europei, definite “seriamente minacciate dal degrado degli habitat, dal disturbo dei siti di rifugio e da determinati pesticidi”.
La Direttiva 92/43/CEE relativa alla “Conservazione degli habitat naturali e seminaturali e della flora e della fauna selvatiche“, nota come Direttiva Habitat attuata in via con D.P.R. 8 settembre 1997, n. 357, integrato e modificato dal D.P.R. 12 marzo 2003, n. 120.
Sulla base delle norme citate è quindi vietato abbattere, catturare, detenere e commerciare esemplari di qualsiasi specie di Chirottero italiano (artt. 21 e 30 della L. 157/92; art. III del Bat Agreement – EUROBATS; art. 6 della Convenzione di Berna; art. 8 del D.P.R. 357/1997 e ss.mm.). Deroghe possono essere ottenute per catture a scopo di studio, attraverso la richiesta specifica alle autorità predisposte. Le violazioni sono sanzionate penalmente in base all’art. 30 della L. 157/92 e alle successive integrazioni.
E’ inoltre vietato arrecare disturbo agli esemplari, in particolare durante le varie fasi del periodo riproduttivo e durante l’ibernazione, nonché alterare o distruggere i siti di rifugio (art. 6, cap. III della Convenzione di Berna; art. 8 del D.P.R. 357/97 modificato con D.P.R. 120/2003). Relativamente a quest’ultimo aspetto, sono citati i “siti di riproduzione”, “di sosta” e “di riposo”, e quindi tutte le tipologie di siti di rifugio utilizzate dai Chirotteri risultano interessate dalla disposizione. Cordialmente
Alla Regione del Veneto Direzione Turismo U.O. Strategia Regionale della Biodiversità e dei Parchi turismo@regione.veneto.it
Direzione Foreste, Selvicoltura e Sistemazioni Idraulico Forestali Unità Organizzativa Foreste e Selvicoltura direzioneforeste@regione.veneto.it
All’Amministrazione Comunale di Salzano Sindaco del Comune di Salzano Luciano Betteto luciano.betteto@comune.salzano.ve.it
Assessore all’Ambiente del Comune di Salzano Vecchiato Stefano stefano.vecchiato@comune.salzano.ve.it
Alla Città Metropolitana di Venezia Funzionari politiche ambientali Direttore Generale dott. Nicola Torricella nicola.torricella@cittametropolitana.ve.it
Dott. Diego Frasson guido.frasson@cittametropolitana.ve.it
Associazione Napea napeaoasi@gmail.com
Osservazioni presso l’OASI LYCAENA “EX CAVE DI SALZANO” – Sito IT3250008 della rete Natura 2000 con classificazione di ZPS e SIC
Spettabili Enti,
Si invia in allegato relazione tecnica inerente le rilevazioni relative alla fauna ornitica effettuate presso l’Oasi Lycaena di Salzano, sito Natura 2000 con classificazione di Zona di Protezione Speciale e Sito di Interesse Comunitario.
Come illustrato nella check list fenologica si evidenzia che nell’anno in corso è stata riscontrata la presenza delle specie di seguito riportate, che richiedono particolare tutela in quanto elencate nell’allegato I della Direttiva 79/409/CE “Uccelli”, così come modificata con Direttiva 2009/147/CE, di cui si riporta estratto in calce alla presente (1):
Sterna comune (Sterna hirundo)
Nitticora (Nycticorax nycticorax)
Airone bianco maggiore (Ardea alba)
Garzetta (Egretta garzetta)
Nibbio bruno (Milvus migrans)
Martin pescatore (Alcedo atthis)
Picchio rosso maggiore (Dendrocopos major)
Averla piccola (Lanius collurio)
Marangone minore (Phalacrocorax pygmaeus o Microcarbo pygmaeus)
Si evidenzia con allarme inoltre che negli ultimi anni la presenza di alcune specie nidificanti, con particolare riferimento al cannareccione (Acrocephalus arundinaceus) e alla cannaiola comune (Acrocephalus scripaceus) o alla cannaiola verdognola (Acrocephalus palustris), tipiche delle aree umide, non è stata rilevata.
Non è stata altresì rilevata la presenza di altre specie, come la poiana comune (Buteo buteo), che nidificano nelle zone boschive.
Si rammenta che “Birds in Europe 4”, lo studio sullo stato di conservazione degli uccelli selvatici nel nostro continente realizzato nel corso del 2023 dalle associazioni partner di BirdLife Europe, ha rivelato che il 38% del totale delle specie di uccelli selvatici che si riproducono in Europa si trova in un cattivo stato di conservazione.
Alla luce di quanto sopra esposto le scriventi Associazioni intendono pertanto porre in evidenza l’importanza strategica di questo sito, che rappresenta un habitat di vitale importanza per specie tutelate
dalle normative europee ed altre specie la cui conservazione è a rischio, nonché un importante anello di congiunzione con gli altri siti della rete Natura 2000.
In particolare evidenziano la rapida e preoccupante regressione dei canneti, che sta interessando tutta la zona mediterranea, che rischia di compromettere la biodiversità favorita dalla vegetazione di cui sono costituiti.
Manifestano inoltre preoccupazione per l’impatto ambientale che potrebbero avere eventuali interventi edilizi e/o l’avvio di attività commerciali e/o industriali nelle aree situate nelle immediate vicinanze del sito.
Ringraziando per l’attenzione si porgono distinti Saluti.
Il delegato della Sezione Lipu di Venezia Dr. Gianpaolo Pamio
Il presidente della OdV WWF Venezia e Territorio Dr. Roberto Sinibaldi
Il presidente del Circolo Legambiente del Miranese Dr. Pierluigi Paloscia
Il presidente dell’associazione Venezia Birdwatching Emanuele Stival
Allegato: Check list fenologica dell’oasi Lycaena – cave di Salzano (VE) aggiornata al 2024
(1) DIRETTIVA 2009/147/CE DEL PARLAMENTO EUROPEO E DEL CONSIGLIO del 30.11.2009 concernente la conservazione degli uccelli selvatici – Estratto
“ Articolo 4
Per le specie elencate nell’allegato I sono previste misure speciali di conservazione per quanto riguarda l’habitat, per garantire la sopravvivenza e la riproduzione di dette specie nella loro area di distribuzione.
(omissis)
Gli Stati membri adottano misure analoghe per le specie migratrici non menzionate all’allegato I che ritornano regolarmente, tenuto conto delle esigenze di protezione nella zona geografica marittima e terrestre a cui si applica la presente direttiva per quanto riguarda le aree di riproduzione, di muta e di svernamento e le zone in cui si trovano le stazioni lungo le rotte di migrazione. A tale scopo, gli Stati membri attribuiscono un’importanza particolare alla protezione delle zone umide e specialmente delle zone d’importanza internazionale. “
La scrivente Associazione, trae delle considerazioni a seguito i giorni di preapertura della stagione venatoria prevista nel Calendario 2024 – 2025 per la Regione Veneto. I giorni considerati sono (dopo la bocciatura del TAR circa l’ apertura alla Tortora selvatica nonché con un ulteriore sentenza la sospensione di gran parte del Calendario Venatorio per il mese di settembre) il 7 e 8 settembre per la caccia in appostamento a Ghiandaia, Gazza, Cornacchia nera, Cornacchia grigia, Colombaccio. La stagione venatoria si è aperta domenica 15 settembre, giorni di riposo venatorio il martedì e venerdì. Nel territorio veneziano sono svariate le richieste di intervento e di lamentale dei cittadini giunte ai telefoni cellulari dei volontari LIPU. Alcuni erano addirittura increduli si potesse sparare con tanta intensità, nei primi due giorni in certe zone si è sparato ininterrottamente dall’alba al tramonto, spaventando ed intimorendo i cittadini che erano all’aria aperta. Al Bosco di Mestre, cui a debita distanza era stata installata un sistema denominato a “giostra” perfettamente legale ove con finti uccelli, roteando, richiamano altri esemplari da colpire, si è sparato moltissimo. Nella zona di Camponogara (VE) veniva segnalato il primo giorno di apertura che un cacciatore per inseguire la preda si era addentrato sin davanti l’uscio di casa, creando allarme tra gli occupanti dell’abitazione.
Sono anche arrivate notizie che non si sono rispettati i giorni di preapertura, e si è sparato anche in altri giorni non consentiti. La pratica della caccia in preapertura anche solo nei confronti di specie che non rappresentano criticità numeriche, se non il fatto che molti esemplari sono giovani od addirittura appena usciti dal nido, rimane un forte elemento di disturbo per tutte le specie, valutando anche possono essere
colpite accidentalmente. Il territorio della penisola italiana si presta per vocazione morfologica all’accoglienza e transito di centinaia di specie di uccelli, trovandosi in piena rotta migratoria dal Nord Europa al Sud Mediterraneo, Africa e Medio Oriente e viceversa. La caccia di pre-apertura va ad incidere sul patrimonio aviario in migrazione in maniera significativa, anche su specie particolarmente protette, uccelli già stremati dalla sottrazione di habitat, incendi, alluvioni, da corridoi sicuri sempre più ridotti, da estremi climatici come trombe d’aria, che possono distruggere migliaia di esemplari in volo in pochi minuti, a questo si aggiunge un’azione di disturbo a terra: al punto che gli esemplari non possono riposare od alimentarsi in tranquillità. Nelle migrazioni di migliaia di chilometri verso il sito di svernamento, l’insufficiente forma fisica, sovente porta alla morte dell’esemplare. Per i motivi su elencati l’ISPRA l’Istituto Superiore di Protezione e la Ricerca Ambientale del Ministero dell’Ambiente, nel parere obbligatorio, ma non vincolante, richiesto nella stesura dei Calendari Venatori come previsto dall’art. 18 comma 4 Legge 157- 1992 si esprime negativamente nell’esecuzione di questa pratica.
Circa le criticità nelle migrazioni dovute ai cambiamenti climatici rimane esaustiva la scheda aggiornata al 31.12.2023 dell’ ISPRA sullo “STATO DI SALUTE DELLE POPOLAZIONI DI UCCELLI MIGRATORI” autori Jacopo G. Cecere, Simona Imperio:
“(…) L’indicatore fornisce un quadro dello stato di salute delle popolazioni di uccelli passeriformi migratori comuni in Europa attraverso una valutazione della resilienza delle specie migratrici al cambiamento climatico. L’aumento delle temperature primaverili dovute al riscaldamento globale comporta un anticipo stagionale dell’attività vegetativa e quindi del picco di presenza di insetti. Di conseguenza, se i migratori non anticipano in ugual misura l’arrivo ai siti riproduttivi non trovano abbondanza di prede nel momento in cui devono alimentare i pulcini. Un mancato anticipo della data di migrazione si traduce quindi in una bassa resilienza delle popolazioni migratrici ai cambiamenti climatici, con effetti negativi sulla loro sopravvivenza. Viene quindi analizzatala la variazione temporale della data di arrivo dei passeriformi migratori presso i siti di sosta utilizzati dopo l’attraversamento del Sahara e del Mar Mediterraneo durante il viaggio primaverile dall’Africa verso i siti riproduttivi europei. Sulla base dell’analisi della data di migrazione di 10 specie di uccelli contattate in 26 stazioni di inanellamento aderenti al Progetto Piccole Isole di ISPRA nel periodo 1988-2022 (35 anni), si rileva che il 50% delle specie prese in considerazione mostra un anticipo della data di migrazione troppo lento (di circa 1 giorno ogni 7+ anni) per essere definito sufficiente a contrastare gli effetti del cambiamento climatico”.
Principali riferimenti normativi e obiettivi
Direttiva Uccelli (2009/147/CE). Obiettivo: mantenere le specie di uccelli in uno stato di conservazione soddisfacente.
Convenzione di Bonn – CMS – Convenzione sulle Specie Migratrici appartenenti alla fauna selvatica. Obiettivo: garantire alle specie migratrici un buon stato di conservazione.
Legge 157/92 – Norme per la protezione della fauna selvatica omeoterma e per il prelievo venatorio. Obiettivo: mantenere le specie di uccelli in uno stato di conservazione soddisfacente (…).
Nelle nostre zone gli ornitologi hanno censito delle forti migrazioni in anticipo di piccoli passeriformi come la Balia nera Ficedula hypoleuca, migratore di lungo raggio (dai 5000 ai 9.000 km.) proveniente dalla Penisola Scandinava e dalla Russia e diretta nell’Africa Subsahariana.
Tantissimi sono i passeracei in transito nella nostra Penisola in questo periodo, anche poco noti come il Beccafico Sylvia borin, Forapaglie comune Acrocephalus schoenobaenus, Saltimpalo Saxicola torquatus, Stiaccino Saxicola rubetra Codirosso spazzacamino Phoenicurus ochruros, Pettazzurro Luscinia svecica, Culbianco Oenanthe oenanthe, Salciaiola Locustella luscinioides, Sterpazzolina comune Sylvia cantillans, Bigiarella, Occhiocotto Sylvia melanocephala, Magnanina Sylvia undata, e molte altre.
Nei Piani Faunistici Venatori non vengono considerati i cosiddetti “effetti collaterali”: dati di BirdLife International e dell’IUCN Unione Internazionale per la Conservazione della Natura, designano inconfutabilmente uno scenario per un prossimo rischio rarefazione e successivamente estinzione per molte specie di uccelli.