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Lipu, Coordinamento regionale: Osservazioni VIA Masterplan 2037 Aeroporto Marco Polo

Problematiche attuali dell’ambiente lagunare: fattori di pericolosità per coste, popolazioni ed infrastrutture

Gli studi dell’IPCC (International Panel for Climate Change) sul riscaldamento climatico portano a previsioni sull’innalzamento dei mari e conseguenti rischi di inondazione costiera. Un articolo dell’INGV (istituto nazionale di Geofisica e Vulcanologia) pubblicato su “Environmental Research Letters” nel dicembre 2023, afferma come l’alto Adriatico, e quindi la zona lagunare, siano affetto da problemi quali:

1) subsidenza del suolo

2) erosione delle coste 

3) inondazioni

4) ritiro e salinizzazione della falda freatica (avanzamento del cuneo salino) 

5) pressione antropica

La pressione antropica quindi è un fattore di rischio che va considerato e che si aggiunge a quelli relativi all’ambiente naturale.

La subsidenza è riscontrata in tutto il comprensorio lagunare e nelle zone limitrofe, conseguenza dello sfruttamento di acque sotterranee, e causa a sua volta dei processi erosivi costieri. Per ostacolare la progressione salina, soprattutto in aree poste a quote basse o sottoil livello del mare, è necessaria la presenza di acqua dolce in maggiore quantità nel suolo,sottosuolo, nei canali della bonifica e nei fiumi. Il riscaldamento climatico inoltre, riduce le precipitazioni nell’arco dell’anno (carenza idrica dei fiumi) e fa aumentare il livello medio del mare (eustatismo).

Venezia e la Litorale, avanzata cuneo salino e subsidenza

Il Presidente di ANBI (Associazione Nazionale Bonifiche) Veneto lanciava l’allarmante messaggio in occasione della “Giornata Mondiale della Terra 2021: ”i lunghi periodi siccitosi comportano una riduzione della portata dei fiumi a vantaggio dell’acqua di mare che dalla foce risale per molti chilometri. La contaminazione da sale nelle falde acquifere delle zone costiere dipende invece più direttamente dall’attività dell’uomo: l’aumento dei prelievi di acqua dolce per uso potabile e produttivo lascia infatti spazio nelle falde alle infiltrazioni di acqua marina.  

Già nel 2003, infatti, la pubblicazione della Provincia di Venezia, tuttora in rete, titolo “Intrusione Salina e Subsidenza nei Territori di Padova e Venezia”, autori Carbognin-Tosi (del CNR), rilevava l’incremento della subsidenza sulla fascia litoranea e le sue cause: l’”effetto dell’intrusione salina proveniente direttamente dalla linea di costa o dalla conterminazione, lagunare, deve tenere conto anche dei processi che favoriscono la contaminazione, quali: la risalita dell’onda di marea lungo le foci dei fiumi e canali; la risalita dell’onda di marea lungo la rete di bonifica attraverso manufatti (botti a sifone, porte vinciane, sostegni, ecc.) in contatto con corpi idrici salati, che periodicamente o perennemente consentono riflusso verso monte; la risalita di acque sotterranee salate per l’azione di mantenimento del franco di bonifica delle idrovore; la contaminazione causata dall’intercettazione dei livelli salati sotterranei durante il dragaggio o scavo di canali della rete di bonifica e la risalita delle acque fossili profonde.” e inoltre “È stato inoltre appurato un aggravamento dei tassi di abbassamento lungo il cordone litorale di Cavallino-Jesolo dove i nuovi sfruttamenti di acque sotterranee (dagli inizi del ‘90 si concedono nuovamente i permessi per l’apertura di pozzi artesiani) sembrano giocare un ruolo non trascurabile nella dinamica del processo. … La subsidenza della struttura litoranea potrebbe comportare anche l’aumento dei processi erosivi costieri.”. Era indicato da mantenere il livello freatico (acqua dolce) sotto il piano campagna e pure il pericolo: ”Si sa che la vita della laguna di Venezia è legata allo stato dei litorali i quali, è noto, non hanno una altimetria che possa proteggere la laguna da mareggiate veramente eccezionali”. Da allora la quota del suolo si è ridotta (subsidenza) di 15-20 cm. rispetto al medio mare, progrediti l’intrusione/cuneo salino e l’erosione del litorale, mentre permangono lunghi periodi di carenza idrica nel suolo e sottosuolo.

Nell’Aprile 2016, a Jesolo, erano presenti anche gli Amministratori locali al convegno tenuto al Pala Arrex con titolo “IL FENOMENO DELLA SUBSIDENZA NELL’ALTO ADRIATICO CONNESSO CON L’ESTRAZIONE DAL SOTTOSUOLO”, relatori dell’Università di Padova e del CNR Ismar Venezia esponevano alcuni dati: la subsidenza con valori di 3-6 mm/anno e oltre in corrispondenza delle nuove edificazioni, dove la misura è  1 cm/anno; per l’eustatismo l’indicazione e di 3,7 mm/anno (dati ISPRA 1994-2016),  poi la problematica presenza salina sul litorale. La quota annua complessiva persa dal livello del suolo rispetto al medio mare misurava quindi circa 1 cm/anno e oltre per l’edificazione recente. Notizie non nuove ma certo non tranquillizzanti per i presenti. Come altrui fossero le problematiche, l’urbanizzazione è progredita con volumetrie rilevanti, pure i consumi idrici. Da allora, rispetto al medio mare la perdita di quota del suolo è di almeno 8 cm in un territorio posto estesamente tra la quota del medio mare e già sotto tale quota.

Conferma delle dinamiche in atto sul litorale arriva dall’INGV (Istituto Nazionale di Geofisica e Vulcanologia), data dicembre 2023, come riportato su “Environmental Research Letters” visibile al link: https://iopscience.iop.org/article/10.1088/1748-9326/ad127e#erlad127ef7.  È segnalata la sottostima della subsidenza prevista dall’IPCC per gli effetti del riscaldamento climatico. Nello studio, riguardante le dinamiche evolutive del livello del suolo nel bacino del Mediterraneo, si legge : ”Vale la pena notare che la maggior parte della popolazione che vive lungo le coste del Mediterraneo non è a conoscenza dell’innalzamento della SL (livello del mare), della subsidenza del terreno e del relativo pericolo costiero che impattano sull’ambiente, sulle infrastrutture costiere e sulle attività umane (Loizidou et al 2023) … Gran parte delle coste di Italia … si sta abbassando, accelerando così l’ascesa della SL” (Sea Level). E, nel caso del litorale dell’alto Adriatico: “zone costiere basse come delta fluviali, lagune, aree di bonifica”, la perdita di quota indicata è di 4-6 mm/anno sulle aree del litorale veneziano e perilagunari, minore nell’area lagunare, circa 2 mm/anno, superiore a 6 mm nel Polesine; pure: “conseguente erosione costiera e ritiro e salinizzazione della falda freatica, rappresentando quindi un significativo fattore di pericolosità per le coste, popolazioni e infrastrutture”.

Negli anni scorsi, oltre al messaggio del Presidente ANBI, ripetutamente dai media venivano notizie allarmanti degli effetti dei prolungati periodi di scarse precipitazioni, del deflusso idrico pressoché assente nei fiumi dove il cuneo salino persisteva fiumi con misure inconsuete: 60 Km nel Po, 30-40 Km nel Livenza e Piave, poi variamente negli altri fiumi e canali con sbocco in mare o laguna; comparivano anche le difficoltà per le non più banali funzioni quotidiane e le pesanti ricadute sul sistema economico. Il più recente periodo primaverile-estivo piovoso (con eventi estremi tipici del riscaldamento climatico) ha rimosso il ricordo della carenza idrica, ma permangono gli effetti della persistente presenza salina, nel suolo e sottosuolo, sulla misura della subsidenza (perdita di quota rispetto livello medio-mare). Permane di circa 1 cm/anno la perdita di quota rispetto al medio mare della fascia litoranea, già estesamente posta sotto tale quota, e ancora maggiore nel Polesine sia la misura dello stato di fatto sia della dinamica. E permangono pure i consumi idrici a livelli incompatibili che hanno contribuito allo stato di penuria dei sistemi idraulico e idrogeologico dell’intera pianura alluvionale, stante l’apporto idrico annuo delle precipitazioni in riduzione e il suo regime variato per il riscaldamento climatico. E nemmeno aiuta l’aumento turistico nei mesi estivi, con cementificazione e consumo idrico aggiuntivi quando è al massimo pure il consumo agricolo/allevamenti, mentre il deflusso fluviale è al minimo (con cuneo salino nei fiumi in estensione). Approvvigionamento idrico? Relativamente alla subsidenza della laguna di Venezia, intorno a 2 mm/anno attuali, la misura è meno della metà dal suo intorno e dal litorale, che la separa dal mare; raggiungeva 1,5 cm/anno in presenza del prelievo idrico dal sottosuolo, attivo a P.to Marghera fino al 1970.

Consumo idrico e cementificazione sono da fermare, come segnala l’ANBI. Un indirizzo operativo che Regione e Comuni palesemente contraddicono, per perseguire l’aumento degli insediamenti e infrastrutture, come risulta dagli strumenti urbanistici e progetti autorizzati o in fase di autorizzazione. Un indirizzo che prospetta l’aggravamento degli effetti già segnalati per suolo e sottosuolo: progressiva contaminazione salina e degrado chimico-fisico del suolo con pesanti penalizzazioni per la presenza umana. Una prospettiva che l’applicazione della legge urbanistica regionale dovrebbe evitare, se applicata, stante l’obbligo della verifica di sostenibilità ambientale delle previsioni urbanistiche e infrastrutturali. Lo strumento sono le valutazioni ambientali VAS e VINCA, poi pure la valutazione VIA per i progetti con rilevanti ricadute ambientali. Il contenuto delle valutazioni risulta invece sostanzialmente indirizzato all’attestazione della sostenibilità, non contemplando argomenti essenziali. Esemplare il caso del Comune di Eraclea, con VAS regionale favorevole per l’utilizzazione insediativa di un’area agricola, nella quale si legge presente: “risalita del cuneo salino, la salinizzazione del suolo e l’eustatismo, e pericolo per la sicurezza idraulica, la stabilità degli edifici esistenti e di futura costruzione, fertilità del suolo e la biodiversità”. Conseguente è l’approvazione del piano per il villaggio turistico (12 mila persone), senza nulla eccepire sugli effetti dell’approvvigionamento idrico (fiume Livenza con presenza salina) e sul consumo di suolo. Non compare la problematica del prelievo idrico nel sottosuolo, nelle lunghe fasi di cantiere, e dell’interferenza delle opere sul sistema idrogeologico. Nel caso del progetto FS (lavori iniziati) per la connessione nessuna valutazione è stata svolta per gli effetti del drenaggio delle acque di falda e l’interferenza/destrutturazione dell’assetto idrogeologico in presenza di paleoalvei di prossimità lagunare, pure per il recapito idrico in laguna sebbene per la ZSC e ZPS “laguna superiore di Venezia” valga l’obbligo della conservazione della biodiversità. 

Il progetto per il collegamento ferroviario dell’aeroporto “Marco Polo” di Venezia, presentato da RFI S.p.A., ha acquisito il parere VIA della Regione (decreto del Direttore della Direzione Ambiente regionale n. 945, del 23 novembre 2020), ed è poi stato approvato dal Comitato Interministeriale per la Programmazione Economica e lo Sviluppo Sostenibile il 3.11.2021. Le opere sono iniziate. Oltre 4 km interessano suolo e sottosuolo con galleria impostata a circa 20 metri dal piano campagna e connesso doppio diaframma verticale che raggiunge oltre 36 m di profondità, risultando interferiti i vari corpi idrici presenti, anche in pressione; nella galleria, che con un ampio arco sarà tangente all’area aeroportuale, è prevista la stazione. Nella “Relazione geologica geomorfologica, idrogeologica e sismica” del progetto si legge (pag. 58), relativamente ai diaframmi laterali: “indicativamente previsti pari a circa 20/25 m da p.c.”. L’indicazione è palesemente errata rispetto al progetto, che è definitivo, e non depone per l’attendibilità della Relazione. Inoltre (pag. 81): “… la zona di studio è interessata … nella parte finale da una vulnerabilità alta con punteggi pari a 63 e a 50…”; pure: ”La salinizzazione delle falde nelle aree per i lagunari dell’entroterra è principalmente dovuta all’intrusione di acqua dal mare e dalla laguna, talora seguendo vie preferenziali di deflusso sotterraneo, spesso favorita dall’altimetria del terreno nelle aree di bonifica che è anche di 2-3 m inferiore al livello medio del mare, ma avviene anche per dispersione dai fiumi e dai canali in condizioni di magra e/o marea o quando l’acqua marina risale e s’insinua sotto quella fluviale.” e “depositi fini costituiti da argilla limosa debolmente sabbiosa con locali lenti di torba fino a 9 m … lenti limoso-argillose e locali lenti di torba fino a circa 30/35 m (10E-5 m/s<k<10E-6 m/s) sede di una falda localmente in pressione … argilla limosa debolmente sabbiosa con locali lenti di torba fino a circa 50 m (massima profondità raggiunta dai sondaggi) … La modellazione numerica implementata (cfr. Cap 9), evidenzia la presenza di un’interferenza tra le opere sotterranee previste (il riferimento erroneamente è alla galleria artificiale con diaframmai fino a 20/25 m di profondità, cfr. Cap. 10) e il deflusso naturale della falda mostrando come le linee isopieze indisturbate vengono innalzate dalla presenza dei diaframmi strutturali delle gallerie e delle trincee in progetto.”. In precedenza (pag. 26) si legge: “Nel caso della laguna di Venezia l’intrusione marina nei terreni superficiali coinvolge tutta l’area di gronda lagunare espandendosi verso l’entroterra da qualche centinaio di metri a qualche chilometro … comporta notevoli rischi ambientali in prossimità dei margini lagunari … potrebbe anche incrementare la subsidenza già in atto, che potrebbe accentuarsi sia in concomitanza di probabili cali piezometrici, sia per la sostituzione delle acque salmastre a quelle dolci negli interstizi dei sedimenti fini con conseguente destrutturazione e collasso degli stessi.”. Segnalata la presenza di paleoalvei (pag. 80), corrispondenti alle citate “vie preferenziali di deflusso sotterraneo” (e in sua carenza di flusso inverso di risalita salina), della falda in pressione compresa tra 9 e 35 metri dal piano campagna (quali gli effetti della sua depressurizzazione? Per l’intrusione salina in fase di cantiere e poi in presenza della galleria?) e di lenti di torba a varie profondità (con presenza salina che favorisce “destrutturazione e collasso” dei sedimenti per cedimenti differenziali del suolo. Sono confermati gli effetti paventati nelle premesse ma non seguono le dovute valutazioni della scelta progettuale, la ricerca di soluzioni progettuali alternative. Emerge la rilevanza delle criticità paventate e la prospettiva di pesanti penalizzazioni per l’economia agricola, per la sicurezza idraulica dei suoli già prossimi al livello medio-mare, per la stabilità dei manufatti diffusamente presenti nelle vicinanze (l’abitato di Tessera, oltre all’aeroporto ma e l’urbanizzazione diffusa, comprese attività produttive). 

Esemplificativo l’articolo sul portale di ISPRA Istituto Superiore per la Protezione e Ricerca Ambientale del Ministero dell’Ambiente in merito al fenomeno straordinario della marea del 12.11.2019.

Alla luce dei cambiamenti climatici in atto nonché di quanto dettagliato, potrebbe portare, se ripetuto, effetti ben maggiori.

Il 2019 verrà a lungo ricordato per il numero straordinario eventi meteo-marini eccezionali che si sono susseguiti tra novembre e dicembre. Le immagini dell’Aqua granda del 12 novembre hanno fatto il giro del mondo. Un evento dovuto a una sovrapposizione di quattro fenomeni: il picco della marea astronomica di sizigia; il livello medio insolitamente elevato del mare in Adriatico; il forte vento di Scirocco lungo il bacino Adriatico e non ultimo il passaggio nel Nord Adriatico e sulla laguna di Venezia di un ciclone di piccole dimensioni che ha provocato venti locali con raffiche di oltre 100 km/h.

Ma il livello di 189 cm raggiunto il 12 novembre, che rappresenta il secondo livello più alto dal 1872, anno di inizio delle registrazioni, è solo la punta dell’iceberg di un novembre eccezionale. In una sola settimana, tra il 12 e il 17 novembre, la marea ha superato per ben 4 volte il livello di 140 cm, registrando così livelli che entrano tra i primi 20 degli ultimi 150 anni. In tutto il 2019, il livello del mare ha superato per ben 28 volte i 110 cm, livello in cui si allaga il 12% della città di Venezia, con una permanenza complessiva pari a circa 50 ore nel solo mese di novembre. Numeri che superano ampiamente i valori massimi raggiunti nei 150 anni precedenti, pari a 18 eventi in un anno (2010) e 24 ore complessive di permanenza (2012) sopra i 110 cm.

Il Centro Previsioni e Segnalazioni Maree del Comune di Venezia (CPSM), l’Istituto Superiore per la Protezione e Ricerca Ambientale (ISPRA), e l’Istituto di Scienze Marine di Venezia del Consiglio Nazionale delle Ricerche (CNR ISMAR), che da anni collaborano per garantire il massimo profilo tecnico-scientifico alle attività di monitoraggio e previsione del livello del mare, hanno messo insieme le forze per un’analisi approfondita delle dinamiche meteo-marine di questi eventi di portata storica. Un’analisi possibile grazie alla notevole mole di dati acquisiti dalle reti mareografiche integrate del CPSM e dell’ISPRA, che, con un totale di 42 stazioni, garantiscono un monitoraggio capillare e in continuo dei principali parametri meteo-marini in Laguna di Venezia e in Alto Adriatico.

Parere sulla creazione del parco fotovoltaico

Il masterplan dell’aeroporto prevede la creazione di un parco fotovoltaico da 68 ettari, 92 milapannelli per fornire la metà del fabbisogno elettrico del Marco Polo.

CIA agricoltori veneto: “ci chiediamo come questo progetto possa coesistere sia con il Piano per le aree di pregio che con il Prg, creando inoltre un impatto paesaggistico enorme”. CIAVenezia, aveva chiesto il ripristino dei 12.000 alberi tagliati negli anni precedenti e la realizzazione di una fascia boscata intorno al perimetro aeroportuale, sull’esempio dell’aeroporto di Bologna.

Un parco fotovoltaico esprime forti criticità per gli uccelli in migrazione, la rotta adriatica costiera è seguita dalla maggior parte degli uccelli che dall’Africa Subsahariana – Nord Africa si portano nel Centro Nord Europa. Bagliori notturni con riflettenza di altri componenti luminosi nonché naturali possono creare una pericolosa assenza di orientamento al punto di compromettere il progetto migratorio e portare a morte certa.

Ad   opera   completata   il   monitoraggio   non   tiene   conto   degli   effetti  su subsidenza,avanzamento del cuneo salino, cambiamenti sul microclima. 

Inoltre, il monitoraggio della componente biotica, prende in considerazione gli eventualiimpatti su flora, uccelli (avifauna) e rettili (erpetofauna), quando invece servirebbe unapproccio integrato che prenda     in considerazione l’ecosistema lagunare nella sua interezza egli effetti anche su microrganismi e altri organismi vegetali/animali utilizzabili comebioindicatori. L’opera in oggetto non analizza l’interconnessione strutturale geologica nelle aree contermini né più maniera, più ampia nell’Alto Adriatico.